3 Temporal organization of the activities
A. Schutz, Making music together, 1951
http://www.jstor.org/stable/40969255
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http://www.cbt.biblioteche.provincia.tn.it/oseegenius/resource?uri=2879156
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Additional information on Alfred Schutz:
Halbwachs,La mémoire collective chez les musiciens, 1939 (original French version):
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Additional information on Maurice Halbwachs:
Ryave, A. Lincoln/Schenkein, James N. (1974): Notes on the Art of Walking. In: Turner, Roy (Ed.): Ethnomethodology. Middlesex: Pinguin, S. 265-274
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Margaret Gilbert, Walking together: a paradigmatic social phenomenon
"Fare musica insieme" – Alfred Schutz
RispondiEliminaL’interesse per la musica di Schutz va inquadrata all’interno di due grandi questioni di cui egli si è occupato:
INTERSOGGETTIVITA’ e COMUNICAZIONE TRA GLI INDIVIDUI
“Fare musica insieme” . Ma cos’è la Musica per Schutz?
“La musica è un contesto dotato di significato non collegato ad uno schema concettuale. Questo contesto dotato di significato può però essere comunicato. Il processo di comunicazione tra compositore ed ascoltatore richiede di norma un intermediario: un esecutore o un gruppo di esecutori. Tra queste figure che partecipano al processo comunicativo s’instaurano relazioni sociali dalla struttura particolarmente complessa” (Schutz, 91)
1) S. ribadisce in vari punti che il significato di un brano musicale non è collegato strettamente ad uno schema concettuale, a un “sistema semantico” come ad esempio è il sistema di notazione musicale (un sistema convenzionale che chi comunica utilizza come schema di espressione di ciò che vuole comunicare e l’ interlocutore come schema di interpretazione di ciò che riceve questo processo semantico non si adatta del tutto al processo musicale).
2) Il fatto che il processo musicale non abbia uno schema concettuale non implica che il suo significato non possa essere comunicato tramite una struttura di relazione prettamente sociale. E’ a questo proposito che S. pone una questione metodologica che è il cuore di tutto il saggio: lo studio delle interazioni sociali connesse alla musica può fornire validi elementi per la comprensione di altre forme di rapporti sociali. È su questi elementi e sulla loro struttura che S. pone l’accento.
3) Nel processo musicale gli elementi di questa struttura prettamente relazionale sono il compositore, l’esecutore (ed eventuali coesecutori) e l’ascoltatore:
COMPOSITORE ESECUTORE(I) ASCOLTATORE
S. definisce la relazione che si istaura tra queste tre figure come una relazione di mutua sintonia, che sta a fondamento di ogni possibile comunicazione, non solo quella musicale. Questo tipo di relazione è quella che si instaura tra un IO e un TU che si percepiscono vicendevolmente e simultaneamente come un NOI (Goffman, Garfinkel ???). Un elemento perno di questa relazione è costituita dalla DIMENSIONE TEMPORALE (intesa come durée di Bergson). Il processo musicale ha natura politetica, esso non può essere afferrato monoteticamente: nel senso che l’ascoltatore può anche cogliere e definire con un aggettivo ciò che quel brano gli ha provocato emotivamente ma il significato vero e proprio può essere afferrato soltanto reimmergendosi nel flusso, si deve cioè ristabilire una simultaneità tra il flusso di coscienza dell’ascoltatore e quello del compositore.
S. però distingue però tra tempo esterno (per così dire oggettivo???) dell’esecuzione di un brano musicale e il tempo interno (per così dire soggettivo???) della percezione del brano che sta alla base della relazione sociale tra compositore ed ascoltatore abbiamo cioè due eventi che si svolgono nel tempo interno (quello del compositore e quello dell’ascoltatore che sono vissuti in simultaneità attraverso il flusso in svolgimento del processo musicale che è anche esterno questa è la RELAZIONE DI MUTUA SINTONIA, l’esperienza del “Noi” che sta a fondamento di ogni possibile comunicazione. La funzione sociale dell’esecutore è quello di fare da mediatore tra il compositore e l’ascoltatore.
Possibili analogie con Ricoeur? (testo : azione sensata = Fare musica insieme : relazioni sociali)
Ermeneutica Fenomenologia
Great, thank you Denise. You are the first posting a comment to the Blog! Congratulations! See you in the class: we will talk about what you have written.
EliminaLa memoria collettiva nei musicisti – Maurice Halbwach
RispondiEliminaChe ruolo hanno i segni nella memoria dei musicisti? Attraverso i segni musicali, i musicisti possono evocare una serie di ricordi al fine di esprimere i loro pensieri tramite i suoni. Il linguaggio musicale non è uno strumento inventato dai musicisti per fissare e comunicare le loro immagini, il linguaggio musicale è ciò che ha creato la musica.
Quando vediamo un musicista che si trova davanti a una partitura sappiamo che questa è stata letta più e più volte, le note sono sempre le stesse e verranno riprodotte nello stesso ordine ad alla stessa velocità. Questo esempio però fa riferimento solo a ciò che la memoria rende un meccanismo materiale. Ma la memoria non conserva niente altro?
Quando vogliamo ricordare una parola, dobbiamo fare riferimento a dei modelli esterni che sono presenti sia nelle nostre abitudini fonetiche sia in forma stampata. Nel momento in cui vogliamo ricordare un suono, diventa invece più difficile effettuare un confronto con dei modelli puramente uditivi poiché essi non sono sempre presenti. Basti pensare a un suono qualunque che viene sentito: una volta riconosciuto, non viene ricondotto direttamente a una rappresentazione tipicamente legata al senso dell’udito, ma piuttosto agli oggetti che lo riproducono. I suoni musicali lasciano tracce diverse nel nostro cervello a seconda che siamo musicisti o meno. Questo avviene in quanto essi sono prodotti artificiali, derivati da convenzioni, che acquisiscono senso in base al gruppo che li adotta. Vediamo allora che il significato di questi segni presuppone un continuo accordo fra i vari attori e quanto viene prodotto nel nostro cervello dall’accordo, non può essere considerato separatamente. Ad esempio, nel momento in cui pensiamo a uno spartito, ricolleghiamo anche l’ambiente sociale che lo circonda: musicisti, convenzioni, obblighi a cui sottostare se ci si vuole prendere parte, ecc. ecc.. Per ricordare i motivi musicali non ci possiamo affidarci solo sull’ascolto, poiché quello che sentiamo ci sfuggirebbe in poco tempo. Questo vale sia per i più esperti, sia per chi meno se ne intende. Ciò che invece si distingue fra coloro che suonano uno strumento/sanno leggere la musica e coloro che non lo sanno fare sono i metodi di memorizzazione: I primi utilizzano la loro capacità di esecuzione e la lettura dello spartito, i secondi ricordano i motivi attraverso la ripetizione delle canzoni o il riconoscimento di queste sulla base di precedenti ascolti.
I ricordi musicali sono infinitamente diversi e in assenza di un sistema di notazione diventerebbe molto complicato per il nostro cervello riuscire a registrare e conservare separatamente tutte le varie rappresentazioni o immagini. Bergson propone un modello schematico in cui ogni pezzo ascoltato viene sostituito da una serie di segni (i segni musicali). Vediamo allora che per un musicista diventa possibile ridurre il suo impegno alla sola memorizzazione delle note e dei vari modi in cui questi suoni si combinano.
Avere un modello fisso come base di partenza per far proprio il linguaggio musicale è fondamentale per un musicista. Quando invece ci ricordiamo dei motivi di cui non conosciamo le parole, è il ritmo che ci indica come abbiamo scomposto la successione dei suoni. Basti pensare ad una canzone di cui non si ricordano le parole: spesso basta ricordarsi il ritmo per riprendere a cantare. Il ritmo quindi è un prodotto della vita sociale, suppone un accordo collettivo preliminare, basti pensare ai canti di lavoro. Per il musicista invece la ricerca del ritmo avviene nei suoni, attraverso una percezione che solo lui o un altro musicista può fare.
La società dei musicisti è una società di artisti che comunicano fra loro, creano gerarchie, posano su delle regole. La memoria dei musicisti diventa una memoria di dati umani e i loro ricordi trovano posto all’interno di una memoria collettiva che si estende nel tempo e nello spazio.
Notes on 'Walking together: a paradigmatic social phenomenon' by Margaret Gilbert (1990)
RispondiEliminaThe article aims to define what the social sciences would call a 'social group'. Gilbert finds that the concepts in sociology are lacking and she - as a philosopher - takes the simple action of 'walking together' as exemplary for forming a social group, a collective.
She approaches the formation of social groups not only as something enduring over a longer period of time, but especially also as something temporarily that exists through shared action. It implies shared goals as long as everyone participating in the action defines these goals as 'shared'. Lacking communication may undermine the presence of collectively experienced action and goals, but when people have the common understanding of being part of a shared action, it implies that all participants have rights and obligations (they are entitled) to act in the best interest of the shared goal: norm enforcement.
The article takes a turn when Gilbert concludes that something more is necessary than being just two individuals walking in the same direction, with some expressions that suggest something of a shared goal. It appears to Gilbert that when people are in situations without any outspoken commitment to the joint action, any assumed shared action may turn into misunderstanding, lacking commitment and no collective action at all, as people may not feel obliged to enforce the shared goal of walking together as long as - what she calls - 'a plural subject' misses.
A plural subject, the key point of Gilbert, is a linguistically construed bond between two or more actors, being unified in either outspoken terms of 'we', 'us', 'our' or by a social convention based on (seemingly) not outspoken 'fiats' (the action to just follow along without protest). 'Plural subjecthood' may also exist when spoken about beliefs or principles of action.
Her main point is that the concept of what social scientists call a 'social group' IS the concept of the plural subject. Walking together was taken as an example of people forming a plural subject together - like she showed. They are therefore considered a social group because of their expressed commitment, because they formed a plural subject.
I think she is particularly right about the consequences for the social group concerning not outspoken commitment. Especially the inconveniences this may cause to the actors within a group (anomie?) sensing uncertainty about the entitlement to whether one is allowed to maintain norms and if these norms actually exist or not as long as commitment (the plural subject) is not fully outspoken. I do agree that the 'plural subject' may also be applied to a broader range of things someone can be committed to (e.g. beliefs).
At the end of the article, she completely relates her idea to existing political theory and identity concerns - macro problems -, while she introduced her ideas through the walking together - a micro event. With these macro examples she seems to justify her observation, but only by quoting old philosophers. She could have come up with a more recent example perhaps? Gilbert invented a new word for something that already was named once, her definition is derived from some mind game she plays inside the article. In the end, I tend to think that she only proved a point that social groups are linguistically built by the use of what she called plural subjects, but I am not convinced that this article has come to articulate the full range of what a social group IS. I can imagine, however, that the concept of a 'plural subject' could contribute to how social scientists may describe a social group.
Devralin T. Lagos
RispondiEliminaCommunication as a Social Relationship:
Thought on the “Making Music Together” by Albert Schutz
This particular article is interesting because I have an inclination to music, which is the central example used in this paper.
This article also reminded me that communication is not a simple linear process of source-message-medium-receiver-feedback. On the contrary, it is a complex web of social relationship. To demonstrate this proposition, I synthesized some points from the article into three headings.
Communication is embedded in a set of rules common to the language users.
The paper used the terms “Conversation of significant gestures” or “rules of the game.” For instance, two players make actions that are meaningful for both people. I was reminded of the Filipino martial arts of Kali or Arnis. When an Arnisador (Arnis player) is given a strike on the head, he/she will interpret it as a strike that needs to be blocked by covering the head with the sword horizontally. And it should be followed by a diagonal strike to the opponent from his/her ear downwards.
There is a common semantic system for this exchange of strikes and blocks. In this case, they both use the same Kali system, in particular the Lightning Scientific Arnis system. (There are about 7,000 kali systems in the Philippines.)
As mentioned, I was reminded of my thesis about the scientists’ discourse of a landslide disaster. I use this together with the music example of the paper. In the table, I summarized what kinds of rules do certain language users use.
Language User Conventional Language/
Rules of the Language
Musician Musical notation
Scientists Scientific knowledge
Arnis practitioner Arnis system
The musical notation became a conventional language of the musicians. It became sort of a command that musicians should follow. Another important point related to this tells that creation/innovation of the language users is bound by the set of rules prescribed. In the case of music, invention of new sound is possible only within the framework of the socially conditioned musical language (the notation). But of course, it was said that notation is just a small element of the musical culture (the bigger rule of the game). In the case of the scientists, they can not explain the landslide phenomenon that as the “wrath of god” because it is not part of the socially accepted scientific knowledge.
Language users are trained/oriented in the “rules of the game”
Users of the language became oriented with the conventions of the language because of their previous experiences, as well as the learnings from their teachers. So, transmission or orientation to this knowledge is a social interaction.
The relationship between the composer an the audience is a reconstruction of a vivid present
It tells me that the listener is not a passive receiver but he/she “participates in the composer’s stream of consciousness,” until they reach the experience of “We.” And so, repeating the performance in another setting and in another set of audience, would make another kind of communication experience.
There are just some more thoughts that are I would like to explore more next time:
Is communicative process the foundation of all social relations?
There exists a more powerful discourse/language use and a less powerful language use. For example, because of the dominance of the Western 7-note octave scale, pentatonic scales used in other parts of the world like the kulintang of the Philippines, are being neglected by popular musicians. Singing contests and reality TV singing contests also derive their preference for “good music” from the Western 7-note octave major scale.
The musical notation is also open to manifold interpretations by the performer, (ex. How loud is the forte, how legato is the melody). Even if there are rules, language users can still exercise some freedom in interpreting it.
Christos Konstantinidis
RispondiElimina"La mémoire collective chez les musiciens" - Maurice Halbwachs
Maurice Halbwachs, a french sociologist of the 20th century, through this passage "la memoire collective chez les musiciens" states that the human memory is not just a way to recall things that happened in the past, but a bunch of external feelings that formed the past. The memory function is not limited only to recall the past, but is associated with a whole set of external relations for the individual who embodies and formats the past. The memory, through this prism, is an active process in which the individual does not withdraw just a fact but in order to make the past comprehensible to his audience, activates an entire grid social determinations and relations, objects, spaces and places within which works and moves the social group itself. In other words, we recall things on the basis of a cultural universe. From this perspective, each individual memory stands as viewpoint of the collective memory.
Diana Tellez Delgado
RispondiEliminaThe magic of the social thing: the music like a social convention.
In this memo, I want to think in the reflection of Hallbwachs about the meaning of the collective memory apply to a very good example: the framework of the music and how the people understand the music, just as a musicians society, so the common people that simply like the music.
The best topic for me, is that this author explain that everything in the social world inside of every one of us, for the relations that all the society build about the conventions that the social framework set up. The theory of the individual memory is not just died, but if complemented, with the explanation of how this collective reunion of conventions, impact all the time the individual perceptions (Gestalt school), and decided that the individual can remember and can forget. In other work Hallwachs explain: “we can remember, if with the condition of found, in the frameworks of the collective memory, the place of the many success in the past, that was interesting for us (1) ”.
In this sense the music, always so abstract and the first impression out of the social regulation, is indeed product of the two ways: in the society of the musicians, a agreement of the diverse combinations of sounds upon in a conventions (the musical score for example) and in the regular world, an evocation of the memories and associations, different for everyone listener. In both cases, the social interaction act with a bound between in the message send and the perception received, understood this last like a “selection” of the brain of the individual with the codes accumulated through your social life.
Hence, the music and its assimilation for the consumers help to demonstrate, that everything in our world (at less for a human compression) can not scape of the social framework, because even the sounds of the nature -that many calls the music of the God- have a sense when we associate this rhythm with images, remembers of the social memory and in this way, every sound is different for everyone, because, the social connections for everyone is different and every memory selects only that which causes a evocation. Therefore, the magic of the music is really this: produce infinitive perceptions with only a sound.
1. Free traduction of “Podemos recordar solamente con la condición de encontrar, en los marcos de memoria colectiva, el lugar de los acontecimientos pasados que nos interese”. En “Los marcos sociales de la memoria” . Maurice Halbwachs, Gérard Namer . Anthropos Editorial, 20004